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Alburni-Cilento

Antefatto: E’ il ponte dei morti, tutta la speleologia che conta e che non conta una cippa va al raduno a Lettomanoppello e noi dove andiamo? Agli Alburni! “Perché?” chiederete voi, “ma è ovvio, perché costa di meno, 35 euro contro 90” diciamo che è un buon motivo. E poi qua ci sono GROTTE e la si e no che ce n’è una e poi tutti ripari da monaci.

29.10.2016 Laurino Una splendida, ventosa, tersa e fredda giornata ci porta a Laurino laddove scopriamo che la nostra casa è sotto il castello Longobardo, bellissima, restaurata in modo egregio. “Possiamo cucinare?” “si, con altri 20 euro” ma la cucina è grande, completa di tutto, probabilmente mai usata e la padrona ci fa trovare frutta e un bel po’ di cibarie per la colazione. Siamo entusiasti “c’è internet?” “certo che c’è, manca solo il modem” “C’è il riscaldamento?” “certo che c’è, ma siete gli ultimi clienti della stagione e non conviene scaldare tutto il complesso”. Guardo con malinconia un camino vuoto che vorrei riempire di legna e fare un focaraccio che levati. “Non perdiamo tempo” propone il Nozz “lasciamo i bagagli e andiamo a vedere la Grava di Vesalo”. Con sommo entusiasmo mi preparo e accendo il riscaldamento della macchina a palla, qua tocca accumular calore per stasera. Il sentiero per la Grava è brevissimo, si segue in corso d’acqua che si butta direttamente in uno sprofondo da paura. Il primo pozzo è 80 metri dall’alto, se non ti gira la testa puoi seguire una specie di cengia che ti porta proprio sotto un arco di roccia e sopra il pozzo, attenta a non scivolare. Ma la testa mi gira un sacco, però sto pozzo lo voglio ben vedere. Mi è venuta una crisi ipoglicemica, fortuna che non son precipitata perché mi verrebbe da scenderlo ma con la corda. Mentre mi rifocillo con mix di frutta secca proseguiamo il sentiero per un po’ e poi a casa, che è tardi. Vorremmo andare alla festa della birra, ma comincia alle 8, c’è casino e il Nozz non è andato al raduno anche per via del casino, trovarlo anche qua nel desolato nulla mi pare eccessivo. Bon mangiamo il nostro cibo e a letto subito che stiamo gelando. Fortuna che ho le caldane a scaldarmi e le invoco, ora che servono manco si fanno vive, solo la mattina, per fortuna, giusto per la doccia.

30.10.2016 Sant’Angelo a Fasanella. Ci svegliamo prestissimo, per via dell’ora solare, facciamo colazione e via, dovremmo andare al Cervati ma lo vediamo con le nuvole sulla cima. “Andiamo a Ottati e da lì sull’Alburno” propone il Nozz. Aderisco con entusiasmo, intanto mi scaldo col riscaldamento della macchina e del sole che fa effetto serra. Dalla radio apprendiamo che c’è stato un gran terremoto a Norcia e dintorni, sentito dovunque. Da noi no, anche perché sti paesi son tutti antichi sassi sassi, se arriva una scossa belli ce semo. Arrivati al rifugio dell’Alburno-Panormo scendiamo dalla macchina per vedere la cima del monte piena di nuvole e un vento gelido che ci secca immediatamente. “Ecche! Siamo QuellidelCAI?” mi chiede il Nozz guardandomi di sbieco “torniamo a Sant’Angelo a Fasanella che lì c’è la risorgenza dell’Auso da vedere”. Meglio che mi scaldo ancora un po’. Poi leggiamo del sentiero per l’Antece, andiamo? Potremmo partire direttamente dal S.Angelo, 4 ore, “che siamo QuellidelCAI?” domanda il Nozz guardandomi storto in anticipo “no! No! “rispondo “meglio quello da 30 minuti che parte dal monte”. Un bel sentiero tra flysch, pantano e spine ci porta nel bosco di faggi maestosi fino alla sommitale calcarea di Costa Palomba. Qua c’aspetta baldanzoso l’Antece, la divinità guerriera del IV-II secolo a.c.. costruita tra gli hum carsici con il panorama sul nuvoloso Panormo e il Cilento ai piedi. La vaschetta votiva è un ottimo posto dove mangiare, faccia al sole e spalle sulle pale calcaree. Riprendiamo la strada, orecchio alla radio con le tremende notizie sul sisma, ma a Sant’Angelo, stop, c’è la grotta di San Michele da vedere. Tutti santi qua. “E’ chiusa” mi fa sapere una vecchiotta, ma sopra scorgo degli androni e mi arrampico a visitare la dimora del Neanderthal. Non hanno lasciato niente, solo sterco di capra. Non ci resta che dirigerci alla risorgenza dell’Auso. Questa si pare creata da un terremoto, è una spaccatura a V della roccia che si vede imponente sotto Ottati. Prendiamo il sentiero per la cascata, il ponte romano ancora in piedi (nonostante i terremoti), arriviamo alla fine del sentiero ma la risorgente è ancora distante. Poco male, una specie di traccia con bolli rossi ci porta ad un lago blu fondissimo tra alte pareti. E’ la risorgente. Ma sopra la grotta c’è, tocca salire su un ballatoio sopra il lago. Il Nozz mi aspetta mentre m’inerpico cercando la giusta via per il ballatoio, cercando di non scivolare tra lastre calcaree inclinate sul lago. “Pensa se casco che figura che ci faccio” no che mi ammazzo....che figura…bon, sto in campana fino ad arrivare alla parete che porta alla grotta sottostante, qua ci sono tre spit. Ecco come l’hanno esplorata. Ma tanto lo so che non continua, ho letto i resoconti. Ritorno dal Nozz sana e salva e riprendiamo la via del ritorno, c’aspetta la gelida dimora ben restaurata, meglio che in tenda, ma quasi…

31.10.2016 Inghiottitoio di Vallivona. Questo nome non mi è nuovo, siamo capitati sui Simbruini per caso? No! Si chiama quasi nello stesso modo, ah…..ambè, è la nostra meta odierna, raccomandataci caldamente da Francesco. Però prima dobbiamo comprare il pane. Quello che qua chiamano pane, secondo me lo impastano col calcare degli Alburni, metà farina, metà calcare sbriciolato, non si riesce a tagliarlo col coltello e ti fa male alle mandibole mangiarlo. “Non è ancora arrivato” ci fa sapere quello del supermercato. E sono le 8,30, allora giriamo per il paese in cerca di un forno. C’è, ma appena chiedo il pane la padrona mi guarda come se avessi chiesto qualcosa di astruso ”panee??? Non ce n’è!” e sono le 9…Bon ritorniamo a supermercato e quello, tutto contento, ci propone una pagnotta normale, di grano duro, e una integrale, “sentirete che buone e poi costano poco” te credo, impastate col calcare. Finalmente partiamo bardati di tutto punto, stivali casco, corda non si sa mai, e, per stradacce, arriviamo verso il Cervati. A Colle del Pero lasciamo la macchina seguendo le indicazioni per l’inghiottitoio, 20 minuti di sentiero, si può fare. Si scende immersi in un bel bosco di faggio fino ad una galleria, il tunnel di 500 metri per l’affondatore. E vai! Tutti baldanzosi imbocchiamo il comodo tunnel percorso da un velo d’acqua per sbucare in un posto veramente meraviglioso! Siamo sotto i 90 metri dell’inghiottitoio, davanti a noi un lago melmoso ci impedisce ogni prosecuzione nella grotta (-125 per 1000 metri di sviluppo), servirebbe un canotto o una muta, quanto meno. Alle nostre spalle una bella cascata si getta su un limpido laghetto impreziosito dalle gialle autunnali foglie di faggio. Che spettacolo!! Per fotografarlo meglio cammino nel laghetto calcolando male la profondità, l’acqua entra negli stivali, poco male, anche se il Nozz ha da ridire, come se i piedi fossero i suoi poi. Perdo un sacco di tempo a fotografare tutta sta bellezza e il Nozz imbocca il tunnel per tornare. Lo seguo fotografando anche quello. A metà tunnel c’è un arrivo dall’alto, una specie di galleria che sale, ci sono stati perché si vedono i fix. Ora non ci resta che vedere l’inghiottitoio da sopra, ma non rende l’imponenza del fenomeno. Tornati alla macchina decidiamo di proseguire, in auto, verso la cima del Cervati, ma la strada sterrata è lunga assai, tocca percorrerla a passo da CAI, va ben, per oggi niente, si farebbe troppo tardi.. Verso Laurino il Nozz, preso da strano impulso, si ferma davanti al sentiero “Vallelunga” “ti va di farlo?” mi chiede, come non mi va, invito a nozze è. E m’incammino come QuellidelCAI verso il nulla, che tanto sto sentiero nel nulla finisce. Già, non finisce mai, sta pure tramontando il sole e arriva il freddo della notte “torniamo?” Che la gelida casa ci attende. Tò oggi c’è pure la padrona. “Potevate dirlo che non c’era il riscaldamento” obietto “ma c’è, solo che a riscaldare sarebbe venuto un altro prezzo” peccato che non era indicato né il prezzo senza, né il prezzo con. Per non parlare di internet che c’è, peccato che non ci sia il modem. Va ben, per oggi è andata, fortuna che non sto sotto la tenda come i terremotati.

1.11.2016 Monte Cervati. Mi sveglio alle 5 di mattina, guardo il Nozz dormire tutto intabarrato, cappello in testa e calzettoni ai piedi e gli chiedo “dove andiamo oggi?” “Al Cervati da Piaggine” “ma non siamo venuti per gli Alburni?” “vuoi salire il Panormo?” “no, mi va bene il Cervati! C’è la grotta dell’acqua che suona esplorata da Francesco e mi piacerebbe vederne almeno l’ingresso”. Detto fatto, il tempo di prepararci, attraversare Laurino e Piaggine dormenti ed eccoci su per la Strada Provinciale 388. Ben, direte voi, una strada provinciale che sale al Cervati serve come il pane di sasso. In realtà la strada è peggio di quella che sale a Gorga, ma vuoi andarci a piedi come QuellidelCAI? E no! In macchina il più possibile che siamo speleologi e del sud pure. Ad un bivio un cartello indica “Rifugio Cervati 1,30”, si può fare, più che altro la provinciale è davvero brutta. Cammin cammina bardati tra i faggi ed ecco un altro bivio, da una parte il Rifugio Cervati 40 minuti, dall’altra “Fontana degli Zingari” eccoci qua. Ovviamente puntiamo la fontana degli zingari, sta vicina all’acqua che suona e poi zingari ci siamo. Qua finalmente c’è un bel prato assolato dove scaldarci le ghiacce membra e mentre il Nozz fa punti su punti per trovare gli ingressi, perdo tempo a fotografare bacche di rosa canina e foglie di acero che fanno un bel contrasto. Per l’acqua che suona tocca scendere parecchio e la cosa non ci va, meglio andare verso il Rifugio che si sale. Insperabilmente il Nozz non si ferma nemmeno al cartello “Rifugio Cervati 15 minuti “ e si che è salita. Caspita, penso, quanto sta camminando, ma non dico niente per non rompere l’incantesimo. Al Rifugio altro rifornimento di sole e, soprattutto, di pane durissimo, mortadella e formaggio e nessuno pensa a schiodarsi. “Quanto manca alla cima del Cervati?” chiedo “e alla Madonna della Neve?” “tantissimo”, risponde pronto il Nozz,”ben 300 metri di dislivello per non parlare della distanza” e mi mette sotto il naso la mappa. “Ma se arriviamo fino alla selletta per vedere il panorama, no?” inspiegabilmente il Nozz acconsente, ma la selletta non c’è e non c’è alcun panorama, solo faggi. Allora il Nozz prende il sentiero per la Madonna della Neve e mi dice “guarda che stiamo facendo il Sentiero Italia”. Niente meno. “Gliela fai?” chiedo perplessa “non ti mettere in testa idee, salgo solo un po’”. Invece non si ferma nemmeno al cartello “Chiaia Amara” che è tutto un programma. Chiaia amara, come dice il nome, è una erta salita di ghiaia, appunto, ogni faggio con una croce incisa, come dire mai più. A sto punto immagino che il Nozz deponga il bastone e torni indietro, ma lo vedo salire ansimando sempre più su fino a che il panorama finalmente si apre alla vista. Immenso sulla Salerno-RC, su Sala Consilina, sul Pollino, sugli agognati Alburni ma la Chaia Amara non finisce. E nemmeno il Nozz che non si ferma nemmeno alla croce del CAINapoli che l’hanno messa qua, a metà sentiero come dire “questa è la cima del Cervati per noi, voi continuate pure”. La salita ripida finisce su una montagna di sassi e una croce sopra, laddove stramazziamo entrambi, ma per poco. Dall’altra parte si vede la Cima del Cervati e in mezzo un fondo campo chiuso con un laghetto. Bello!!!!!!!!!!!! Non oso nemmeno chiedere di andare sulla cima, che pare a portata di mano, e il Nozz mi guarda già storto” vado solo un po’ avanti cresta cresta fino alla Madonna della Neve, se poi tu vuoi andare in cima ti aspetto”. Pure io voglio fare cresta cresta sopra i Temponi che se ti viene uno stornamento caschi giù e non ti catano nianche i ossi. Poi, a poca distanza dalla Madonna della Neve, finalmente stramazza “non gliela faccio più!”. A me de sta Madonna frega assai, ma vorrei proprio fare la cima come una di QuellidelCAI che si rispetta visto che è la cima più alta della Campania, benchè inferiore ai 2000 m. “Allora ti faccio vedere dove puoi arrivarci direttamente senza sentiero” propone il Nozz che pare una proposta da divorzio all’italiana, senza sentiero in balia di campi chiusi uno dietro l’altro. Tanto sale per farmi vedere che sta a due passi dalla cima. “A sto punto andiamo in cima” mi fa, sempre più torvo, come dire che è tutta colpa mia “e per tornare facciamo il giro della cresta”. Oddio, vero è che oggi son Tuttisanti, ma davvero ho un santo in paradiso e so anche chi, quello che è salito sull’Antelao con la giacchettella e le scarpe lisce. Così eccoci in cima, mentre il Nozz sta in disparte che nemmeno vuole farsi la classica foto con il palo (che la croce sta per terra) io me ne faccio tante ma non oso scrivere sul libro di vetta, mi pare troppo da QuellidelCai farlo. Il panorama sul Cilento, su tutta la Campania del Sud, su un pezzo di Calabria e sul mare è uno splendore ma noi, prosaici, obiettiamo che è come quello che si vede dal Redentore e i campi chiusi del Cervati sono precisi identici a quelli del Ruazzo. Gli Aurunci non si battono. “E’ tardi!” si accorge il Nozz “sono le 14,30 e dobbiamo tornare prima che ci prenda il freddo”. La sola parola mi mette le ali ai piedi, rifodero la digitale e con la prescia che mi contraddistingue un due e due quattro sto in macchina ad accendere il riscaldamento. “Che ore abbiamo fatto?” chiedo “non sono nemmeno le 4, hai camminato come una forsennata”. Ben, dovevo scegliere tra prendere freddo sul Cervati e prenderlo a casa. Fatti i calcoli abbiamo percorso 14 km circa con 700 m di dislivello. Il Nozz ha esagerato!!! Sta diventando quellodelcai.

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