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ESSERE SPELEOLOGI?

Tema che appare e scompare, abbastanza sentito dalla lista "speleo.it".
Emerso in occasione dei complimenti rivolti ad un esponente di spicco della speleologia italiana, apparso nel caso di incidenti in grotta e di exploit quali le solitarie.
Alla domanda "quando una persona può definirsi speleologo?" (non credo che basti infilarsi una tuta, sporcarsi un po' di fango e puzzare di carburo) ecco le risposte, attraverso qualche flash preso dalla lista: "esploratore, studioso o saltimbanco, speleo con le mani rinsecchite dal fango, le caccole al nerofumo ed il rilievo a marcire nella tasca della tuta" , "lo speleo ignoto, questo sconosciuto, eroico esploratore, così fondamentale per il progresso della speleologia, che dedica tempo e passione per garantire continuità al gruppo e si sacrifica nei momenti di crisi per ricostruire organizzazione ed entusiasmi", "c'è chi fa il buchetto come tanti, chi vuole approfondire il livello documentativo, chi vuole fare ricerche scientifiche" , "c'è chi si dedica a mille scoperte suddivise fra territorio (visite a questa e quella grotta, successivi miglioramenti dei "record" personali sotterranei), capacità (allenamento, apprendimento tecnico, apprendimento culturale), ambiente sociale (conoscere gente nuova con ritualità nuove, fare feste strane, avere nuovi partner)", "non esistono gli speleologi, bensì la speleo-logia, parlare di grotte, dire delle grotte cose che prima non si sapevano, non preoccupiamoci di chi si possa o meno definire speleologo, ma di cosa ha da dirci e possibilmente perché lo ha fatto.
Ragionevolmente, un appassionato…".
La passione, infatti, sembra essere l'elemento dominante dell'essere speleologo, e così è stata descritta in una e-mail: "la passione è un movimento del cuore, dello spirito, è un bisogno dell'anima, che nasce dentro di noi e sente forte l'esigenza di essere soddisfatta. La passione ci spinge all'azione e quindi reca con sé un elemento di attività che per uno speleo dovrebbe essere sia andare in grotta che studiare e capire ciò che si attraversa"; " in grotta non si impara ad andare in grotta ma piuttosto si impara la PASSIONE; la speleologia è una disciplina fantastica proprio per soddisfare questa tensione alla ricerca, e le grotte sono un posto magnifico dove farla". Anche la curiosità figura come componente importante : "la curiosità, il vero motore che costringe a continuare l'attività, anche quando sembrerebbe giunto il momento di dire basta"; "acqua, fango, fatica sono dettagli, come lo sono le lunghezze, la profondità dei pozzi, ma ciò che in realtà prende lo speleologo è la curiosità".
Ma l'andare in grotta non è cosa uguale per tutti : "ognuno, al di là del suo stile, ha il suo approccio alla speleologia: sport, avventura, studio, stare insieme agli altri, fare baldoria, avere un gruppo con cui fare qualcosa la domenica e, meno esplicitamente, per competizione, per fuga dalla routine quotidiana, per compensare frustrazioni, per avere amici, per trovare il fidanzato…!"; "in grotta ci vanno gli speleologi, ma non solo, ci incontro anche turisti (quelli che pagano il biglietto), grottisti (quelli che pagano l'attrezzatura), bambini, avvocati, massaie, emeriti sconosciuti; la differenza tra grottista e speleologo è che il primo la domenica sera ha finito il suo giretto, il secondo pensa a cosa ha lasciato da fare ed il lunedì comincia a stendere il rilievo, si documenta sui lavori fatti da altri, cerca compagni per finire quel rametto" .
Ma si nasce speleologi? Ecco allora alcuni interventi sulle esplorazioni ed il DNA dell'esploratore: "penso che l'esplorazione sia un valore, e come tale occorre prima averla pensata, sognata, conquistata, pagata; il fascino d'esplorare territori sconosciuti; il piacere di costruirsi mentalmente i modelli dei labirinti che penetrano il buio delle montagne; l'entusiasmo di trovare una prosecuzione, prima immaginata e poi studiata a tavolino"; "l'esplorazione: l'unica motivazione che mi fa sopportare le sofferenze fisiche dell'andare in grotta"; "bravi esploratori si diventa, con i corsi e con i libri, ma occorre però nascere Esploratori, senza questo piccolo atomo di cromosoma il destino fa un altro corso"; "non so se è un gene, forse siamo solo dei malati mentali"
Qual'è la percentuale di "veri" speleologi?
Qualcuno ha scritto : "in definitiva in numero di speleologi è sempre quello, oscillante attorno al 15, 20% del totale delle personale che si definiscono tali".

Quale dovrebbe essere, attualmente, l'obiettivo degli speleologi?
Le grotte stanno sempre più assumendo il loro ruolo di habitat di specie protette, di archivi del paleoclima, di strutture paesaggisticamente preziose e,quindi, la posizione di chi ritiene che una grotta sia sua perché l'ha esplorata, è destinata a morire.
Pensate che fine farebbe un subacqueo che rivendicasse la proprietà di una zona del mare...
Indica che le grotte stanno uscendo all'esterno, che la loro percezione al di fuori dell'ambito speleo sta maturando rapidamente.
Ciò significa che gli speleologi hanno lavorato bene.
La speleologia intesa come bella domenica in un territorio in cui lo speleologo fa quel che gli pare (sbancamenti, rotture, messe in sicurezza, gite sociali, inquinamenti) va a sparire.
Come è sparita l'attività di chi lasciava il pattume in montagna, dei contadini che mettevano la soda caustica nei torrenti per pescare trote, dei meccanici che buttavano oli esausti nel rigagnolo.
Quel tipo di speleologia sta scomparendo per lasciare spazio alla "Geografia delle Terre della Notte", la quale richiede studio e fatica, nonchè impegno extradomenicale e persone diverse da quell'altra, ma dà soddisfazioni inimmaginabili a chi, tanti anni fa, riempiva il Fighiera di pattume, perché lo riteneva suo.
E che ora, guardandolo più attentamente, è esterrefatto a pensare di essere stato così cieco, era entrato nella stanza del tesoro e ci vedeva solo punti ottimali dove chiodare.
Chiodava benissimo, ricordo, un attrezzista magnifico, ma non sapeva dov'era.
Certo che, concentrati come siamo nella nostra bella domenica e nel polemizzare con questo o quello, non abbiamo trovato tempo per procurarci i permessi per entrare nelle grotte, che dopotutto, se sono habitat dei pipistrelli, sono pure habitat della nostra passione.
Distratti dal fare concorrenza all'altro gruppo, ci siamo dimenticati di cercare di capire cosa voleva dire quello che affermava che ci avrebbe chiuso la grotta.
Concentrati sulla probabile prosecuzione, non abbiamo prestato attenzione a quanto avveniva all'esterno, e abbiamo snobbato leggi e regolamentazioni.
Indaffarati col carburo, a dirigere le nostre associazioni abbiamo spesso piazzato gente inetta che in quel modo traeva un ruolo di prestigio che le grotte gli avevano rifiutato, e che quindi non aveva nessuno stimolo a fare qualcosa, se non riempire di parole le riunioni sino a renderle inutili.
Finalmente le grotte stanno diventando importanti, e lo saranno sempre più.
Tutto indica che in futuro saremo percepiti come i primi nella lista di quelli che le possono danneggiare. Ed è assolutamente vero, dobbiamo prepararci. Dunque non si tratta di lamentarsi, ma di crescere.
Ora è necessario capire come riuscirci.
(Giovanni Badino)

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