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Il giro della Fota (escursione Monti Lepini)


mappa del percorso

Antefatto: Finalmente il gruppo “quellidelcai” si è ricostituito alla grande, con Giorgio e la sottoscritta ci sono anche Arnoflo, Aldo, detto “il falegname”, e Adriana, che ancora non conoscevo.

L’epica impresa: “Dove andiamo Giò?” chiedo curiosa “un girettino, niente di che, voglio vedere se esiste un sentiero che da Valvisciolo arriva alla Fota”. Esiste, ma quello che intende Giorgio non è il dritto per dritto che sale la valle “Vado la Mola” 520 m di dislivello e bon, macchè. Il suo passa per Monte Gorgoglione, fa un giro che levati, torna pure indietro, passa per l’antica abbazia di Valvisciolo, 1200 m di dislivello per 20 km, tra fango, spine, campi solcati, fossi, antichi muretti instabili e fili spinati. Bello eh!!!! Un sacco. Puntuali come solo quellidelcai possono essere, facciamo le indispensabili tappe ai bar e ci vediamo all’abbazia nuova di Valvisciolo. Non possiamo esimerci dal visitarla per l’ennesima volta e accendo pure una candela elettronica per la Olga, sia mai servisse. Nonostante il mugugno di Adriana, che essendo “quelladelcai” all’ennesima potenza vuole partire a piedi proprio dall’abbazia, Giorgio, saggiamente, porta la macchina alla fine della sterrata, per guadagnare tempo. Meglio, penso io, anzi, arrivasse direttamente alla Fota ancora meglio sarebbe. “Com’è il tempo?” “dovrebbe piovere verso mezzogiorno”. Perché questa stupida domanda? Perché siamo immersi in una nebbiolina tipo pianura padana spinta, ma a noi che ce frega? In modalità “quellidelcai” indifferenti ad ogni mutevole cambiamento del tempo siamo. Bon, si parte, con noi si aggrega anche una bella cagnona maremmana che ci accompagnerà per tutto il tragitto. All’inizio procedo muta come un pesce cercando di mantenermi il fiato per stare appresso a sti qua, poi, vedendo che ci riesco, faccio amicizia con Adriana che, scopro, aver un marito più o meno come il mio, appiccicato al pc 24 ore su 24, il chè da stura a un chiacchiericcio che levati!. Giorgio per non sentirci se ne va a cercare sto fantomatico sentiero seguendo la traccia del GPS anche se la cagnona lo conosce meglio di lui. Così camminando tra fango e spine arriviamo finalmente ad una cresta, dove possiamo notare che la pianura pontina è baciata dal sole mentre noi siamo sotto una nuvola nera, appena il tempo di dirlo che inizia a piovere e un vento tipo bora triestina ci sbatte a sinistra. “Non andate a sinistra” ci strilla Giorgio (…e lo so..) “sempre dritti dobbiamo proseguire”. Una parola. Praticamente, per non venire travolti dal vento, tocca camminare piegati raso terra. Va ben, procediamo fino ad arrivare a veder la croce del Capreo e la strada della Fota, lontana una quaresima (non Elena, quella vera). Però tra cane e Gps ci arriviamo e vedo una cascata impetuosa scendere alla montagna “è il Rapiglio!!!” strillo “andiamo a vederlo Giò?”. Non se ne parla, si perde troppo tempo e troppo ne abbiamo perso. Come dire, siamo lenti peggio degli speleologi. Adriana è interessata quanto me a vedere sto Rapiglio ma Giorgio le tarpa le ali “che vuoi vedere, è lei che è fissata con le grotte”. Fatto sta che esce il sole e ne approfittiamo per mangiare alla Fota. Un boccone noi e uno alla cagnona. Per tornare, invece di andare dritto per dritto giù per la valle, facciamo una breve (….) deviazione per l’abbazia antica, che non sarebbe niente, ma poi da qua facciamo anche il sentiero del cacciatore, quello che abbiamo cercato l’altra volta sotto la pioggia battente. Il tutto per posti assai impervi e fango tremendo che fa scivolare Giorgio sulla schiena “ho battuto il rene, se divento blu è la fine”. Così mi tocca osservarlo ogni minuto per vedere se dal rosa vira in blu. Ciò non mi esime da perdere il sentiero, gli altri dietro come le galline, mentre Giorgio sbraita che no, non è di qua che si passa ma da più bassi. Ha ragione, ma nella mia mente avevo azzerato parte del tragitto ed ero convinta di stare più avanti, tra l’altro anche Adriana mi dava inconsapevolmente ragione “si vede che è di qua”. Va ben, facciamola corta, alla fine abbiamo portato a casa la pellaccia, Giorgio è rimasto rosa e noi siamo rimasti contenti. Certo, nessuna cima raggiunta e tanto meno visto il Rapiglio, ma vuoi mettere perderci tra spini, fango e rovi in boscaglia inestricabile? Lepini sconosciuti sono, e quando ci ricapitano?? (..per fortuna..)
Alla prossima!! Mg 17.1.2018
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