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MAIELLA

ANTEFATTO:

Francesco, tutto entusiasta, ci racconta della grotta del Cavallone e di un’altra, non turistica, che ha visto in fretta e furia con Sibilla e due lucette scrause. Come dire, andiamo, no??? Siiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!

3.8.2015 Bosco di Sant’Antonio
Detto fatto, carichiamo Francesco e Diana, direzione Roma Centro- Pacentro, dove abbiamo prenotato un appartamento nel borgo storico. Come minimo immaginavo qualcosa di molto spartano e scomodo pure, tipo la casa di Marulica. Invece il Pacentrino-Torontino affittuario ci spalanca la porta e..meraviglia..ecco un’enorme finestra a parete sulla valle Peligna, inserita in una casa bellissima e molto comoda, dotata di ogni confort, tranne asciugarsi i capelli, il phon non lo regge proprio. Francesco non ci lascia crogiolarci sulla casa “andiamo, dobbiamo fare la prima escursione, tanto abbiamo le lucette”. Gira gira, arriviamo a Campo di Giove per fare un minimo di spesa e scoprire che il paese è una specie di Cortina della Maiella, …via via, cerchiamo l’escursione! A Cansano l’addetto dell’Ente Parco ci trattiene indicandoci parecchi percorsi e, guardando Diana, limita molto la scelta, tipo, “potete andare a Bosco di Sant’Antonio” …che è già tanto. Occhei. In effetti Bosco di Sant’Antonio, per oggi che è tardissimo, va benone. Intanto, per la gioia dei miei occhi, il bosco è composto da enormi alberi secolari, immensi faggi, aceri, cerri e non disdegna di regalarmi il geranium vercisolor e diverse epipactis purpurata. Il percorso ad anello, tra l’altro passa per l’eremo di Sant’Antonio. Visto che ha camminato poco, Francesco trascina Diana per la visita di tutto Pacentro raccontandoci il visibilio di uno dei borghi più belli d’Italia “dai, dopo cena andateci pure voi!” “no” risponde il Nozzolone secco, che per lui la pastasciutta già rappresenta il top del piacere, altro che borgo.

4.8.2015 Grotta del Cavallone.
. Mettiamo la sveglia presto che la grotta del Cavallone sta dall’altra parte del massiccio e Francesco ha un programma di tutto rispetto per noi, oltre al Cavallone dobbiamo fare il Bove, non così alla sinfasol, no, esplorando! Il guaio di svegliarsi presto è che troviamo tutto chiuso, così, per perdere tempo, Francè ci fa fermare al piano di Quarto Santa Chiara per infilarsi nell’inghiottitoio di Capo la Vera le cui acque alimentano il fiume Aventino. La vegetazione non permette di avvicinarsi all’inghiottitoio, che non si vede, ma ammiriamo un Capriolo e Francesco che torna mojo imbombà. In compenso a Palena troviamo un supermercato normale fornito quanto basta. Arriviamo finalmente alla cestovia che porta alla grotta del Cavallone e ci permette di ammirare il maestoso Vallone di Taranta Peligna. “Sono del CAI e dell’SSI (sarei pure del GGCR….), c’è lo sconto?” “certo, i primi due del CAI non pagano!” bon, e pensare che quelli del CAI sarebbero saliti a piedi, sicuro come una palla. La grotta del Cavallone si vede in tutta la sua immensità, ma si vedono anche altri bei androni, che sicuramente Francesco ci porterà ad esplorare. Tant’è che si prende gli zaini e li porta nella grotta del Bove “andate che vi raggiungo” . La visita della grotta turistica, di circa un kilometro, è meno banale di quanto uno speleo possa immaginare, con diverse morfologie che denotano la sicura origine ipogenica. Finita la visita passiamo alla grotta del Bove, non turistica, e mi rendo conto che Francesco ha portato uno zaino pesantissimo con mazzetta, scalpello e quanto necessita all’esplorazione. Scendiamo uno scivolo e visitiamo per bene i due rami della grotta, veramente immensa e piena di particolarità geologiche, noduli di selce, faglie, stalattiti bituminose. Scopro un probabile dipinto di Camoscio e Francesco s’infila nella melmosa prosecuzione. Nella grotta non ci si sporca ma nella prosecuzione altrochè! Però lo seguo che sono curiosa, e a lui serve una mano per fare una specie di risalita che porta, però, ad un foro superiore che già aveva esplorato. Così m’infango per bene. “Fosse mia scaverei sto pseudosifone” decreta Francè e, in effetti, fosse mia l’aiuterei. Ma non è nostra, per cui usciamo e, visto che ancora non è stanco, Francesco corre da solo a vedere l’altipiano sommitale. Intanto noi lo aspettiamo sotto la cestovia e, per non perdere tempo, decido di lavare le tute fangose. Come dice Angelo, gli speleo tappano i lavandini. Infatti. Su tre lavandini scelgo, senza saperlo, quello tappato. Immaginarsi lo sgomento mentre vedo tutto sto fango devastare il bagno pubblico. E adesso? Cambio lavandino e tento di riparare il danno con un mocio provvidenziale e il secchione della carta dal quale attingo a piene mani scottex usati per pulire il fango che ha imbrattato pavimento e pareti. Mentre sto intenta a riparare i danni ecco arrivare quella della cestovia. Mihhh “ma non si preoccupi, ci pensa l’addetto stasera” appunto che mi preoccupo. Visto che continuo a pulire, quella della cestovia mi frega il mocio e non mi resta che la carta sporca, ben poca cosa per levare il fango dal lavandino. Allora non mi preoccupo perché nel frattempo è arrivato Francesco tutto sudato che si è fatto mezzo altipiano in cerca di grotte. Secondo lui non siamo stanchi per cui andiamo a visitare l’orto botanico di Lama dei Peligni, con annesso museo archeologico e ricostruzione del villaggio neolitico. La cosa m’interessa assai, però le fioriture sono finite ma la parte archeologica è valida, peccato non dica nulla sulle grotte del Cavallone e del Bove, sicuramente utilizzate. Visto che non si è fatta notte andiamo anche a vedere Acquaviva, nei pressi della sorgente dell’Aventino. Più che vedere il parco compro insalata e pomodori dalla coltivatrice diretta dell’oasi “coltivata senza alcun veleno” che viene guardata molto di malocchio dal Nozzolone a cui piace vedere piante spettacolari ancorché coltivare con tutti i veleni di sta terra, piuttosto che il rachiticume biologico. Si è fatta quasi notte, non ci resta che visitare anche Pacentro, sia mai andar via senza averlo visto. Interessante la casa rimasta imbalsamata della vecchia guaritrice (Marulica?), con la bara sotto il letto, non si sa mai. Al Castello ci vado da sola tutta di corsa che è tardissimo, per cui non vedo nulla, solo le strutture svettanti. E adesso? A cena! L’insalata bio ci aspetta!! Anche la pastasciutta, tiè, ce la siamo meritata.

...continua....
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