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Monte Ginepro (Escursione)

Antefatto Oggi uscita con l’accozzaglia, fermo restando il nocciolo duro di Giorgio, Arnolfo e la sottoscritta. La nostra meta non è Meta, ma Monte Ginepro. In teoria, per fare un giro che non si sa quanto giro, in pratica lo vedremo, in ogni caso partenza molto comoda, ore 7.

L’epica impresa: Più che puntuali, ci fermiamo sotto casa di Giorgio ad aspettarlo con largo anticipo, ma lui si presenta spaccato il minuto con un muso lungo che non si sa. Forse Vattene o Ulisse l’hanno fatto stranire.. “Ah Giò, ti rode?” gli chiedo conciliante. Macchè, non ricavo un ragno dal buco e me ne sto rintanata nella macchina di Arnolfo tentando di non guardare quanto corre a razzo. Perché non solo Arnolfo va a palla ma ha anche a radio a palla, ciò nonostante discute con Giorgio e non capisco nulla, se non che il motivo di tanto rodimento è che, in una mail preparatoria all’uscita, ho scritto secca “grazie mille”. Finalmente al bar di Veroli, aspettando l’accozzaglia, ci chiariamo: “grazie mille” era perché andavo di fretta e volevo essere gentile, mentre Giorgio l’ha presa come una grande offesa, va a sapere perchè. Bon, nel frattempo arrivano tutti: Italo, Salvatore, i tre Giuseppi, Elena non la nostra, Elisabetta e Giovanna. A vederci tutti sembriamo la gita degli anziani delle pignatte, quelli che l’INPS vorrebbe far fuori con gran risparmio per lo Stato. Ciò nonostante, di gran carriera, prendiamo la strada dei fiori, rigorosamente a piedi perché c’è la sbarra. Qua noi tre, “quellidelcai”, andiamo velocetti perché siamo allenati dai giri giri di Giorgio e ci tocca perfino rallentare per aspettare Elena non nostra (che la nostra starebbe già in cima a Monte Ginepro) e Salvatore che le fa compagnia. Allorquando ci si affianca un pastore con un’apetta che ci ammorba dalla puzza di gas di scarico, che fa gli occhi dolci a Giovanna; noi, a dire il vero, gliela vorremmo anche regalare a fronte di qualche pecora. Questo pastore, Massimiliano, finita la sterrata, accanna l’apetta e ci segue per il sentiero, perché lassù ha una casupola fatta con le sue mani. Ci racconta un po’ la sua vita, in stretto ciociaro, invitandoci a mangiare carne, formaggio, prosciutto, tutteccose ma, giunti alla capanna, si defila lasciandoci con l’acquolina in bocca. Nemmeno Giovanna lo segue, e dire che è giovane sto qua, certo non è proprio un adone, ma insomma. Bon, proseguiamo verso la cima sparpagliandoci in relazione alle varie velocità. Mi adeguo a quella di Elena, ma quando vedo che barcolla, estraggo l’asso vincente “vuoi una diobronch?” la caramella-transpulmina dal rapido effetto. La mangia e si riprende chiedendomene un’altra. La fornisco di adeguate munizioni e ciao. Vado in cima che quelli stanno tutti sopra. Qua stravacco generale che l’accozzaglia niente a che vedere con quellidelcai. Tant’è che il famoso giro per tutti i 2000 Ernici non si fa, si torna per la stessa via, “per fortuna”, penso tra me e me. E manco vogliono vedere la fossa Susanna con le vestigia dell’aereo caduto. Che Salvatore non ne può più di monumenti funebri, festeggiassero altre cose, chessò, epiche trombate. Sehh in montagna. Che devi pensare solo a sopravvivere. Cammina cammina, rieccoci alla sterrata, di Massimiliano manco l’ombra, solo due carabinieri ex forestali che lo cercano. Questo lo pensiamo noi, faccio pure la curiosa “come si sta da forestali a fare i carabinieri?” mentre nascondo i bulbi dei crocus. Intendiamoci, mica che li ho scavati, li ho trovati già divelti da cinghiali, a casa mia vengono una meraviglia, li ho solo salvati da morte certa. Che, dice Massimiliano, di notte arriva l’orso, lui lo sfama a pagnotte ma secondo me vorrebbe mangiare i bulbi dei crocus.
La giornata finisce, al solito, a birra e patatine e qua quellidelcai e accozzaglia pari sono.
Alla prossima!!! Mg 3.10.2018
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