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Murano Ramo Sibilla - Condotta Farumine

(Esplorazione Grava dei Serini)

Antefatto: Mai frase fu più profetica “non vedo l’ora di venire in grotta con voiiiiiiiiii!!!!”. Pronta la risposta di Paolo “ti aspettiamooooooooo!!!!!!!!”

L’epica impresa: Partenza ore 6, quasi comequellidelcai, chi siamo? Saverio, Paolo, Federica, Andrea, Lavinia, Mg, Nozzolone e la new entry Francesco, piombato direttamente dall’Abruzzo al nostro gruppo, come dire “si tenne”.
La meta è Serini via Murano per fare una risalita in fondo al Ramo Sibilla ed esplorare una condottina che ha visto Lavinia. A dire il vero Lavinia, al gruppo, ha parlato di un ramo nuovo che, dopo una parte stretta, diventa un bel meandro largo. Insomma tutto entusiasmante, per cui saliamo a Campo di Venza abbastanza gasati da non sentire troppo il peso insopportabile del materiale (..sehh…pare vero.). Bon, qui arrivati il Nozzolone si piazza sotto un albero stento e noi ci prepariamo lesti che fuori fa caldo e la grotta ci aspetta bella umida, fredda, bagnaticca e fangosa. Prepariamo gli zaini e il mio micro contiene solo il materiale di sopravvivenza: cibo, acqua, pile e luce di ricambio, proprio il minimo necessario ma indispensabile, famose a capì, per ogni grotta. I miei amici, invece, si caricano di tutto e di più, quel che serve per fare l’esplorazione, questo la dice lunga di quanto gli amici possono essere amici ed avere un occhio, e anche più, di riguardo per l’anzianità. Ciò nonostante mi sento in colpa e, per lo meno in discesa, cerco di portare lo zaino di Paolo, ancorché in salita non solo non faccio l’atto ma mi faccio aiutare anche. La discesa, resa comoda da ulteriori allargamenti, è piacevolissima, arriviamo alla fine del rognoso ramo Sibilla (…mai nome fu più azzeccato), e qua ci dividiamo per squadre. Ahh, dimenticavo, Francesco già alla prima strettoia di Murano ha dato forfait “non ci passo” ed è tornato fuori per la gioia del Nozzolone. Siamo quindi in 5, Saverio e Federica si apprestano a far la risalita del bellissimo fuso mentre Lavinia, Paolo, Andrea e la sottoscritta allarghiamo la condottina, affatto invitante. Tra me e me elucubro sul famoso ramo che sarebbe diventato largo “questo è?” non c’è un refolo d’aria, già Sibilla si presenta attufata, che tutta l’aria se ne va per il meandro di notte. Ma tant’è. Paolo e Lavinia iniziano gli scavi e, in attesa del mio turno, torno indietro a prendere una mazzetta ed allargare sti antipatici spuntoni di Sibilla, toc toc toc, via tutto. Poi passo alla parete moscia (sicuramente trituramento di faglia), via tutto anche qua, resta solo uno scalino, quello serve. Dentro la condottina Paolo e Lavinia si fanno largo e ogni tanto arriviamo io e Andrea a ripulire il tutto. Ora c’è da dire che sta condotta ha una pancia che se ci caschi dentro ti incastri terribilmente, devi passarci sopra, ma prendere il materiale senza incastrarsi in sta pancia è cosa atletica assai. Inutilmente invito Paolo a rompere sta pancia e rendere il tutto facile “prima andiamo a vedere”. Calcolare che tutto Murano fin qua e oltre è “prima andiamo a vedere”. Va beh. Intanto prosegue la risalita nel fuso da cui inizia ad arrivare una bella corrente d’aria aspirante, si respira meglio e ci si fredda che è una bellezza. Niente paura, per scaldarci c’è la condottina e volentieri facciamo a turno ad estrarre il materiale. Io e Andrea sempre meno convinti. Entri e trovi in fondo il fumo di Londra, non ci si vede da qua a la, ti viene immediatamente la silicosi. Per aiutare meglio Andrea riesco pure a passare la pancia e lui manda sassi via via sempre più piccoli “ahò, e basta, il farumine (= minutaglia) lo puoi lasciare!!”. Poi passiamo la mano agli entusiastici Paolo e Lavinia che, secondo me, vivono una realtà parallela, a voja Andrea a spiegare loro che non è lui il negativo è che proprio sta condotta è un cul de sac senza prospettiva alcuna. Io pure sono di quest’idea ma mi astengo dal profferire verbo, tutte le invettive sono per il povero Andrea. E quelli della risalita? Hanno solo due spezzoni di corda, 35 m in tutto eppure son saliti tanto che non si sentono più. Rispondono alle nostra urla dicendo che lassù è bello da fotografare, terrazzi ecc ecc. Mi chiedo come scenderanno, conoscendo Saverio si sarà spinto oltre all’impossibile usando tutta la corda e portandosela via mano a mano. E per scendere? Alla fine scendono e ci raccontano che si, sono saliti oltre la corda consentita ma poi la roccia s’è fatta fracica, meglio non rischiare. Secondo me roccia fracica = ulteriore uscita chissà dove, magari al Monte Belvedere. E’ ora di uscire non perché sappiano l’ora, nessuno ha l’orologio, ma per i crampi della fame di Lavinia, lo sbattere dei denti di tutti e la fine dei lavori utili. Ovvio che abbiamo viveri a sufficienza e poncho ma uscire bisogna. “Toglimi una curiosità Lavinia, ma quel ramo che si allarga dov’è?” “quello sta al Meandro di Notte” ahh e noi siamo andati in sta ciufega di condotta dei farumini…Per uscire al solito faccio una fatica tremenda e scopro anche perché, alla fine però, perché la tuta piena di acqua e fango mi pende col cavallo alle ginocchia e non mi fa alzare le gambe nei passaggi. Urge rimediare per la prossima volta. Ma non è finita qua. Per uscire dai Serini ed entrare in “murano vivi” c’è questo tremendo salto non armato. Ci pensa Paolo, mette una scaletta e poi ci fa vedere come mettere i piedi “prima destra, no meglio la sinistra, ops, forse la destra”. Miracolosamente non precipita ed esce tutto contento aspettandomi di là. Io della scaletta uso solo gli ultimi due scalini, provvidenzialmente Saverio mi spinge direttamente nel meandro e son salva. Andrea invece precipita di sotto ed esce mezzo sciancato sperando di non essersi rotto nulla. Gli altri non useranno la scaletta e coprono il povero Paolo di improperi. “Zè pezo el tacon del sbrego” (= è peggio il rattoppo dello strappo) come si dice nel nord-est. Fuori seminiamo il prato di roba infangata e ci disponiamo a 4 di bastoni. Solo Paolo che somma l’energia friulana a quella siciliana quando è punta dalla tarantola, invita Francesco a vedere l’ingresso di Punta Biforca. Ahimè ho l’insana voglia di seguirli, lenta infame, cercando fiori. Li vedo ma ho anche miseria a fotografarli dal caldo e dalla stanchezza accumulata.
E poi ad una certa scendiamo a valle, ma anche qua vado lenta come le classiche seghe squallide di remota memoria. Che sarà? Il Nozz che mi aspetta osa pure ironizzare sul fatto che voglio salire il Monte Amaro, come se l’attività speleologica potesse lontanamente paragonarsi a quelladelcai.
Ho subito la risposta pronta “è che da quando sto in pensione con te mi tocca mangiare come un porselo e son diventata cicciona assai” come dire....tutta colpa tua è.
Ma a dirsela tutta, davanti alle leccornie di Carmina, come si fa a resistere?? È uno dei motivi per cui si esplorano i Serini.
Alla prossima!! Mg 1.7.2018

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