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La prova del chiodo

Antefatto: Il Nozzolone armeggia, tutto il giorno che traffica, costruisce acrocchi, si fa mandare pezzi, ingranaggi, stranezze da amazon ogni piè sospinto, riempie la casa di bizzarrie, cammini ed inciampi su fili sospesi, cerchi qualcosa nella libreria e ti casca addosso roba mai vista prima, guai a dirgli di sistemare,è tutto territorio suo, io ho il giardino, basta e avanza. Si, ma veniamo al dunque, si è fatto mandare a più riprese: dei chiodini da progressione (a vederli non c’attaccheresti manco un quadro), poi improbabili piastrine per sti chiodi (sfoglie di metallo bucato), infine un dinamometro per testare i chiodi, ovvio.

L’epica impresa: Oggi è la giornata della prova, dove? A Santa Serena, casa nostra e di Rocco. La giornata è fredda e uggiosa, il Nozz ferma la macchina davanti a una placca di roccia “qua” decreta e prepara l’armo, mentre io me ne sto rintanata nell’auto a leggere un edificante libro sulle piante intelligenti e ogni tanto scruto l’avvicendarsi del Nozz col trapano. In una clessidra di roccia mette una fettuccia col dinamometro, retto sotto da una corda fissata con chiodo da roccia in fessura, piazza il chiodino da testare sulla placca di roccia, tirato dalla stessa corda che passa su carrucola e fa a finire sul paraurti della macchina. Non ci capisce? Vedi foto. La sua intenzione è vedere se il chiodo regge 300 kg, ossia il suo peso forma, lo so, attualmente è un po’ magro ma sta sulla via. Poi mi dice, metti la retromarcia e piano piano va indietro con la macchina. Immagino che si stacchi il paraurti, come minimo, secondariamente che si stacchi il tutto di botto e travolga il Nozz mentre guarda il dinamometro che segna la forza. Invece non si stacca niente, la macchina non ne vuol sapere di arretrare, arretra ma con sforzo, tirata da sta corda che la tiene al chiodino. Il Nozz impreca che non vado indietro troppo “allora vai tu in retromarcia e io guardo il dinamometro”. Lo faccio timorosa con grande sprezzo del pericolo, e grandissima paura che la corda mi venga addosso di botto non più retta dal chiodino e mi tranci in due. Il Nozz dice di no, ma penso a Checco che mette la rete di metallo davanti al suo dinamometro. Insomma, a distanza di sicurezza guardo i numeri salire salire salire fino quasi a quasi 300 kili (corrispondenti a 400 kg del chiodino) e il botto di botto che fa saltare la corda, fortunatamente non addosso a me. Si è rotta la testa del chiodo. E’ andato tutto come previsto dal Nozz che, tutto contento, mi propone anche una camminata nella Valle Serena, tanto per gradire. “Ma fino a Pozzo del Ferro” aggiunge. Prima cosa vediamo la traccia di un torrentello e un buco sfondato in mezzo, tappato però, bon, da tener presente. Poi zizzaghiamo a vedere se per caso anche i pozzi della valle si siano sfondati. Macchè. Arriviamo a Valle Scarana e a Pozzo del Ferro, già sceso anni fa e girovaghiamo intorno cercando qualche buco segnato da Rocco. Trovo una fessura sopra Pozzo del Ferro e un buco nuovo promettente, alquanto stretto, nel quale il sasso rotola. E infine incappiamo in un pozzo che levati. “Questo non sta in catasto”, dice il Nozz che ha il catasto sempre appresso “sehh lallero, l’avranno visto tutti i gruppi del Lazio dal Segre in poi!”. A lancio del sasso poi và, non è il solito pozzo grosso e fregnone. “Va ben, a casa indaghiamo”. E mentre pianto le solite zolle supinesi in giro per il giardino, che è strano come le stranezze del Nozz, quest’ultimo decreta che quello che noi abbiamo sceso a suo tempo non è il pozzo del ferro ma “Ouso del Formale”, invece il pozzone sconosciuto è la “Fossa del Ferro” o “Pozzo di Valle Serena”! hai capito, siamo stati per anni convinti di una cosa sbagliata. E con ciò anche un mistero supinico è stato risolto, resta de scendere, previo allargamento, il buco nuovo che ho trovato. Chiuderà senza meno.
Alla prossima!! Mg 13.1.2018
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