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Sega a Monte Pellecchia

Antefatto: Com'è che non ci sono più seghe? ci sono, eccome se ci sono, è che non sono state più verbalizzate, per motivi che è meglio tacere...
Stavolta però riprendo a scriverne una, anche per la gente che vede..(che vede? va beh, che legge).

L'epica impresa: Si svolge salendo da Licenza al monte Pellecchia. Protagonisti: Mg e Nozzolone. Fa un caldo boia ed Mg si mette in calzoncini e reggiseno, sia mai incappasse in pastore famelico.
Prosaicamente il Nozzolone indossa la sua mise tecnica, stracci che manco gli zingari vorrebbero per pulire le roulottes.
Affrontiamo il sentiero "dov'è il sentiero?" una distesa di ortiche si profila all'orizzonte, altro non c'è.
L'impavido Nozzolone, con la sua stazza, si butta a capofitto nel mezzo degli ortaggi spinosi, seguito da Mg che mai e poi mai ammette di aver sbagliato abbigliamento.
"Dai, che le ortiche sono oro contro la cellulite" "sarà...me frega assai della cellulite, è che qua siamo passati al roveto spinoso". Infatti, ben presto il prato di ortiche si trasforma in inestricabile roveto con esile traccia di sentiero sottostante. "Questo è il sentiero che abbiamo tracciato nell'inverno di 10 anni fa".
Di tornare non se ne parla, c'è il sentiero, il sentiero si segue.
Mg, per non pensare al dolore, inizia a fotografare orchidee e cercare ammoniti tra qualche sasso che affiora nell'intrico del verde "va pure avanti, anzi, dà qualche bastonata a destra e sinistra, sia mai aprissi un varco, io intanto fotografo". La traccia effettivamente esiste, e porta i due dal calcare ammonitico al conglomerataccio annaffiato da segni rossi. "Qualcuno del pleistocene ha pure tracciato dei segni, guarda, siamo sicuramente sulla retta via". La via, se tale vuole descriversi una spinosa selva impenetrabile, prosegue erta fino ad arrivare a dei prati, erti pure loro, non troppo prati, poichè invasi da pungenti biancospini.
"Ehi guarda che belli questi.. AHIII.. biancospini fioriti". I prati fanno intravedere stavolta rocce caoliniche, direi argillose, sulle quali crescono benone orchidee di vari tipi, per lo più orchis infectifera e la splendida orchis purpurea. Naturalmente tra un prato ed un altro ci sono sempre da oltrepassare barriere boscose nelle quali i rovi la fanno da padrona.
Stremati, sudati e sanguinanti arriviamo finalmente alla sella e il Nozzolone si butta a capofitto sotto la prima fronda ombrosa "toh! guarda caso, c'è un pozzo!!! ma è il famoso pozzo del Pellecchia, descritto dal Segre e mai più ritrovato!!!!!!!!!!!" e tale ritrovamento segna la fine dell'escursione, il Pellecchia se la ride 400 metri sopra, ma non c'è verso di smuovere il Nozz.
Mg non ha la forza di controbattere, in fin di conti, quello che cercavamo l'abbiamo trovato.
Il volo di un rapace conferma che, effettivamente, andare in cima al Pellecchia per vedere le famose aquile, messe lì dalla proloco, è del tutto inutile, quelle c'hanno svolazzato sopra a nostro uso e consumo "sarà un'aquila?" "come no!!! è proprio l'aquila del Pellecchia" "bah, a me pare la nipote, ma va bene uguale, ma riscendiamo tra i rovi?". No, riscendiamo nella comoda strada che porta....proprio da tutt'altra parte, ossia a Monteflavio.
"Nozzolo, mi sa che stiamo andando diretti a Monteflavio, e poi come ci torniamo a Licenza?" "ma no, vedrai che gira". Per fortuna due pellegrini ci confermano che, si, effettivamente, stiamo scendendo a Monteflavio e no, proprio non c'è collegamento con Licenza.
Così quatti quatti risaliamo con comoda carrareccia l'erta pettata fino alla sella (altro che i 400 metri per la cima....) per rituffarci nel roveto che c'aspetta.
La sega? mahhhh difficile da attribuire, diciamo che spetta ad Mg per incongruo abbigliamento ..
Alla prossima (sempre se ci sarà, una prossima...).
Mg 13.5.2007

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