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Riparo Roberto e Grotta Jolanda (visita cavità)

Antefatto: Potevo morire in pace senza aver visto Riparo Roberto e Grotta Jolanda? Ovvio che no, allora prendo il Nozz e gli propongo una semplice, e poco impegnativa, escursione alla ricerca delle grotte.

L’epica impresa:
Con tutta la calma del caso arriviamo a Sezze scalo via Sicilia e lasciamo la macchina in divieto di sosta, visto che tutta la popolazione Setina ha fatto lo stesso e che quello con la pipa, incontrato casualmente, nulla ha obiettato al riguardo. Bon. Prendiamo lo sterrato del depuratore, scavalcando i soliti recinti che qua a Sezze prolificano come non mai e, dopo un po’, ecco una prima grotta, sicuramente archeologica. Non continua affatto ma all’interno, tra un mare di immondizia, ci sono muretti a secco. Proseguiamo fino alla fine della sterrata scoprendo che, per arrivare al soprastante Riparo Roberto, c’è una scarpata invalicabile con altissimo recinto altrettanto invalicabile. Già il Nozzolone declama a gran voce che non si può salire al riparo. Vero è? Alla fine dello sterrato c’è una traccia che sale dritto per dritto verso le rocce, appena visibile tra altissima vegetazione. Il Nozzolone, molto perplesso, s’inerpica inveendo contro ogni forma vegetale che si profila davanti, ma continua a salire fino alla fine e qua si ferma. Ora c’è da percorrere un tratto orizzontale che segue le pareti fino al riparo. Vado avanti io, scrutando per terra la traccia di qualche possibile transito, che effettivamente c’è, anche se un muro di ampelodesmo, ginestre e hippocrepis emerus, mi impedisce la visuale orizzontale. Il Nozz a sto punto, dopo lo scontro con un bell’esemplare di fico d’india, getta la spugna “ci vediamo sotto”. Proseguo imperterrita fino a trovare la Grotta Jolanda! Allora c’è! È un riparo sotto roccia, vera reggia paleolotica, completa di tutto. Ora si tratta di arrivare a Riparo Roberto, la vegetazione diventa sempre più fitta, completa anche di rovi, ma incurante di ciò, trascinata dalla femminea curiosità di vedere graffiti, mi ci immergo seguendo sempre sta specie di traccia. Finalmente ecco il riparo, mi arrampico e che vedo? Tutta la parete completamente imbrattata da scritte di vernice di ogni genere. Che ci fossero ne ero al corrente ma così tante non avrei mai pensato. Con una gran rabbia verso i vandali e gli amministratori che, invece di valorizzare un’area archeologica di inestimabile valore, hanno lasciato tutto in completo abbandono, mi accingo a cercare i disegni a carboncino che ancora ci sono, assai sbiaditi. Fatte le foto del caso torno sui miei passi che il Nozz ha già telefonato per dirmi che sta piovendo. Appena raggiungo il Nozz ecco il sole, per cui lo irretisco con l’Arnalo dei Bufali. Stavolta salgo per vedere il salone dietro il masso che è un gran ambiente di frana a terraccia, niente di che. Ora dobbiamo andare a Cori per il convegno sulla protostoria dei Monti Lepini. E qua diluvia che non ti dico quanto. Incontriamo gli amici dello Speleo Club Roma, anche loro a sentire quanto gli speleologi possano incidere con i loro ritrovamenti in grotte, veri scrigni intatti, quando lo sono. Satolli di cultura ferreo-bronzea, torniamo a casa, senonchè di notte, in piena campagna romana, sotto una bella acquerugiola, ci ritroviamo con una gomma terra. Poco male se non fosse che il cric non è sufficiente a sollevare la macchina quel tanto che basta per mettere la ruota di scorta. Ci pensa il Nozz che, con l’astuzia di un protoabitante lepinico, scova un tombino abbandonato, lo posta sotto il cric e il gioco è fatto. Possiamo anche stavolta portare a casa la pellaccia.
Alla prossima!! Mg 26.3.2016

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