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W speleoit e le sue seghe (Grotta a Venafro)

Antefatto:Speleoit è uno strumento formidabile per creare molteplici amicizie spelee.
Ci si conosce per mail, immaginando persone, dialetti, grotte, modi di pensare e poi qualche volta ci si conosce davvero e uno deve resettare tutto.
Mayo, per esempio, sapientissimo friulano, lo immagineresti un cattedratico tutto impettito, invece no, di persona è giovane e simpaticissimo, oltre tutto molto forte.
E Carroz? Pensavo fosse umbro al 100%, invece è toscano, eccome, un toscano che non lo zittisci manco se l’ammazzi, se gli dai il via continua a parlare con moto uniforme all’infinito di tutte le grotte, massicci, risorgenti, faglie, piani di assorbimento, geotettonica e non solo della Toscana, dell’Italia tutta, ahinoi, anche delle zone nostre, ne sa più di noi ed è sceso proprio a dimostrarcelo, cartine alla mano.

L'epica impresaIl nostro Marco (Carroz) scende da Pisa con l’intento di portarci a Venafro, tanto sta in zona nostra, ossia un po’ dopo gli Aurunci, ma che ce vò, chiacchierando in macchina nemmeno te n’accorgi.
Perché lì, 20 anni fa (noi ingenui pensavano l’anno scorso..), aveva esplorato una grotta che soffia, ma che soffia non ti dico quanto, c’aveva portato un po’ di gente sparsa, ma evidentemente nessuno che gli ha dato sta soddisfazione di portare a termine l’esplorazione, pretesa nella giornata odierna da noi, che gliel’abbiamo data.
Siamo: Mg, Nozzolone, Angelo, Elena, Cristiano, Serena, coordinati da Marco-Carroz che ci porta a battere nel peggio roveto mai esistito nell’italico suolo.
“La grotta sta qua, si vedono i rami spostarsi in estate, da quanto soffia”, peccato che siamo in inverno e la grotta, semmai, aspira. Poco male, facciamo battuta in roveto, finchè Marco, stufo di pungersi, decreta che un masso, senza niente sotto, è la grotta.
“Sei sicuro-sicuro?” “Si, è che sono passati 20 anni e c’è cresciuto sopra l’ampelodesmos”.
Cristiano, subito immersosi nel suo ruolo di uomo-manzo, inizia a piedeporcare l’ampelodesmo, la terra, le radici, il nulla fino ad aprire un varco che non ha proprio nessuna aria di grotta, come decreta Angelo.
Perché Angelo le grotte le sente a fiuto, e lì non fiuta proprio nulla.
Prima piano piano ma poi sempre più forte iniziamo a mollargli le seghe al nostro Marco e lui, tutto afflitto, s’immerge nel più folto del roveto per espiare, ma, guarda caso, eccolo ritrovare la famosa grotta che stavolta aspira, ma aspira sapessi quanto. Vero.
Ci prepariamo tutti gasati ed entriamo in formazione sparsa. Non so come, ma io che non ho velleità alcuna, mi ritrovo a dover esplorare sto ammasso di massoni franati con tutta st’aria, dietro ho Angelo che, al solito, mi dà sicurezza. “Angelo, io m’infilo ma se m’incastro, giura che mi tiri fuori” “siiiiiiiiiiiiiii, Mg, lo sai bene che non t’abbandono, ma quante ne abbiamo fatto insieme?”. Questa è la formula magica che utilizza ogni volta Angelo per farmi fare le peggio cose.
Così scendo qualche strettoia e vedo che è stata scavata, ci sono i solchi di scavi e il nerofumo delle carburo.
Arrivo ad una specie di sala con un soffitto in forte pendenza che s’immerge proprio sotto la frana, la quale costituisce il piano della sala ed ogni possibile, eventuale, prosecuzione.
L’aria c’è, ma meno, non offre un posto prevalente dove seguirla. Angelo mi raggiunge e inizia a scavare la frana mentre mi ritornano in mente le parole di Marco su incidenti vari occorsi in frane. Andiamo bene. Mi viene in mente che poco distante e non molto tempo fa, sul Frusinate, c’è stato un mese intero di sciami sismici. Andiamo bene.
Dico ad Angelo “lo sai che se viene il terremoto facciamo la fine dei sorci?” ma Angelo risponde incurante che tanto prima o poi…e seguita a scavare imperterrito ma senza alcun risultato apparente, poi s’infila in un meandro e ne esce con un osso antico, ma niente speranza di prosecuzioni.
Va beh, io ne ho abbastanza, esco per offrire sto rischio anche ad altri, ossia ad Elena e Serena. Cristiano meglio di no, la sua corpulenza è peggio dello sciame sismico per sta grotta.
Fuori ci sono il Nozzolone che magna e Marco sperso per monti. Perché la giornata che ci ha programmato doveva consistere in: stasamento di frana con arganetto toscano e battuta per 150 kmq di territorio impervio e rovoso.
Usciti tutti decidiamo che noi di grotte franose ne abbiamo altre altrettanto impossibili e anche altrettanti kmq da battere. Solo Angelo stavolta dà l’orecchio a Marco raccontandogli le possibilità impossibili della grotta franosa. Perché il resto dell’orecchio glielo dà il Nozzolone nel rientro a casa, mentre Marco racconta di posti che dobbiamo assolutissimamente vedere nel Lazio e nelle regioni limitrofe, che per vederli tutti non ci basterebbero non solo tutte le domeniche di vita ma nemmeno i giorni rimanenti neppure se vivessimo come Matusalemme.
Grazie Marco-Carroz, siamo stati tutti felicissimi di averti conosciuto e per questo ti regaliamo senz’altro la sega di quest’uscita, contento?
Alla prossima! Mg 21.2.2010
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