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Gennaro lupacchiotto

Antefatto: Stavolta all’invito di Roberto “il Gennaro da Palombara Sabina” aderisco con entusiasmo, visto che Sergio è impegnato e non vedo l’ora di ritrovare i Lupacchiotti brizzolati vivi e vegeti.

L’epica impresa: L’appuntamento è al bar di Palombara alle 8,15 e il navigatore, visto che mi sono alzata con buon anticipo, pensa bene di farmi fare la palombarese per mostrare che qua fa - 4°. Al bar non c’è nessuno, però vicino c’è il mercato, che sarebbe irresistibile per essere umano femminile, ma se arrivano nel frattempo?. Mi sarei potuta compare tutto il mercato nel tempo che ho impiegato ad aspettarli al freddo e gelo. Ma arrivano in 17, sempre difficile organizzarli tutti. Fatto sta che alle 9,30 finalmente posso schiodarmi dal bar ed avviarmi dietro Roberto nella via della grande quercia. Al parcheggio sotto il sentiero altra sosta che mi serve per distribuire il macafame ai primi arrivati, purtroppo non ne ho per tutti, in compenso Luigi mi fornisce della buonissima marmellatina che mi salva dalla fame incombente. Finalmente si parte in fila indiana e, per scaldarmi, inizio a camminare lesta su per i tornanti, che vorrei arrivare almeno alla cima. Mi segue Renato, il fratello (e non gemello) di Luigi e a furia di interrogarlo riesco a stabilire delle connessioni: “Renatoilvasosardegnanodolce” e “Luigimarmellata”. Quella del vaso è una storia lunga, ogni volta che mi vede mi interroga sulla pianta dipinta nel vaso antico “Lotus?” no, oggi mi dice che è ninfea, tiè, come me lo dice. E va beh, arrivati alla sella nebbia, vento e freddo m’impediscono di fermarmi e decido di salire in vetta e lasciare “Renatoilvasosardegnanodolce” al suo destino. Arriva l’altro Renato e anche lui vuol raggiungere la vetta, peggio di quellidelcai. C’incamminiamo nel sentiero semi ghiacciato e, al cosiddetto Rifugio del Gennaro, ristorante e hotel di lusso, cerchiamo di elemosinare un caffè. “E’ chiuso!” ci avvertono gli operai e mentre Renato s’impiccia del perché percosa percome, ecco il proprietario. Quello ci attacca una pippa che levati sulla storia della chiusura e Renato che gli dà spago mentre cerco di interrompere sta lagna infinita di scuse per andare al sodo. Che il Gennaro nebbioso ci aspetta. Diciamo che tutto il male non viene per nuocere, mentre stiamo immersi nella salita finale, chi arriva? Achille, fresco come una rosa, manco salisse una scala di seta, leggiadro. Lo aspettiamo per subissarlo di complimenti che lui svia al suo solito “due anni fa andavo meglio”. Immagino, l’Himalaya senza ossigeno, come minimo. Bon. Alla croce solite foto in tutte le salse, per lo più alla nebbia e poi giù a raggiungere gli altri. Stanno tutti spaparanzati a mangiare al sole alla torre Cruciani ma appena arriviamo noi il sole se ne va e se ne vogliono andare pure loro, manco la foto di vetta. Solo Achille si mette diligentemente a mangiare il contenuto dello zaino, brindando e offrendo la Genziana e penso che sia questo il motivo che ha trattenuto il gruppo a fare la famosa foto, senza posa, col piede già verso valle. Mi astengo dal mangiare che voglio pure io tornare a valle e seguo Giorgio e Roberto che mi insegna le orme del lupo. Quello che mangia le viandanti che girano da sole. Scendiamo piacevolmente i tornanti, che Roberto diligentemente filma, parlando del chesaràdopodinoi di tutte le cose che abbiamo accumulato, fossili, reperti, francobolli, quadri, chi più ne ha più ne metta. Cose che hanno valore per noi ma un accidenti che ci mandano i posteri “e mò chi se li prende?”. Immagino manco la Caritas. Eccoci alle macchine laddove lupacchiotte e lupacchiotti mi salutano con tanto affetto che ogni volta mi scaldano il cuore “certo che gli speleo mica mi trattano così bene”…..
Grazie!!!!!!!!!!!!!!
Alla prossima!!!! Mg 19.1.2022

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