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Actaplantarum in Liguria

23.6.2022. Val Barbaira.
Finalmente l’atteso agognato raduno di Actaplantarum, stavolta in Liguria organizzato da Daniela la mitica. A Pigna. Ndò sta? Mai sentita. Uno immagina la Liguria come un’unghia a ridosso del mare, tutta costruita, composta da terraccia franosa, schiacciata dal Piemonte e piena di milanesi in vacanza. Che già per arrivare a Pigna, quasi Francia, la devi attraversare tutta, per fortuna oggi sotto la pioggia. Abbiamo danzato bene Daniela? …“ho fatto un sopralluogo, qualcosa c’è ma è secco, se fate la danza della pioggia magari…”. E’ che qua dovrebbe piovere un anno intero per pareggiare. Il Po è un rio e gli altri torrenti secchi. Tornando a bomba, eccoci a Pigna, risalendo da Camporosso il torrente Nervia. Hotel Terme “meno male, con sto caldo tremendo le terme bollenti ci vogliono” “eh no, sono chiuse” ci avverte il padrone ridendo sardonico.Va ben, tutto sommato siamo venuti per i fiori e, visto che stiamo già incontrando gli amici sopravvissuti di Actaplantarum, a ste terme non ci pensiamo più. Dopo esserci scambiati baci e abbracci incuranti dell’ennesima ondata, ci dirigiamo a Rocchetta nervina. “Facciamo due passi a risalire val Barbaira” ci propone Daniela “niente di che solo per cercare la Centaurea leucophaea e l’Acanthoprasium frutescens, semmai Prangos trifida”. Notare la prima la trovi praticamente al paese, la seconda in cima alla gola e il terzo vattelapesca sopra le alte cime. Sarà che ha subodorato aria di sfacchinata Sergio subito getta la spugna “vi aspetto in paese”. Io invece mi metto gli scarponi e seguo la truppa. Pensare che volevo salire in sandali ritenendo che si trattasse niente di che la salita. All’anima. Seguiamo un sentiero che costeggia in alto a destra la splendida gola piene di pozze smeraldine dove pochi fortunati sguazzano. “Non è che di qua si arriva al torrente?” chiede Marinella speranzosa, guardando uno scapicollo che levati. Daniela risponde evasiva perché il suo intento è di farci schiattare nell’assolato sentiero alla ricerca di queste specie endemiche. Fortuna che dietro di me ho Carlo C. che conosce la flora locale anche se, come me, non ricorda i nomi. Cosa che scopro essere una costante per tutti, conosciamo i fiori ma al dunque non ci ricordiamo come si chiamano, sempre sulla punta della lingua, velenosi o meno. Nel frattempo parte della truppa desiste e alle belle pareti dal masso franato, laddove troneggia sfiorito l’Acanthoprasium, arriviamo in pochi, tra cui Jacques che dice di non fargliela a camminare ma sembra uno stambecco. Stiamo per tornare quando arriva tutto sudato e graffiato Giorgio con una gran mazzo secco di Prangos trifida che regala a Daniela siccome un mazzo di rose rosse. Daniela fa i salti alti dalla gioia e ci sventola sotto il naso sti zeppi secchi che ci precipitiamo a fotografare con grande considerazione. Da parte mia fotografo ogni filo d’erba che qua l’endemismo impera. Arrivati al paese…. bagno alle pozze di acqua cristallina? Macchè, di filato all’hotel delle terme senza terme che dobbiamo sistemarci per la cena perchè si è fatta una certa. Se devo dirla tutta ho mangiato bene, per non parlare di Giorgio che ha sbranato una coscia di agnello come l’omo sparagnao; il solo che ha avuto da ridire è stato Sergio Nozz che se non ha una cofana di pastasciutta non è soddisfatto. “Ma se ti hanno portato una pletora di antipasti” osservo “si ma antipasti, mica pasti”. Ecco appunto…

24.6.2022 Rifugio Gray.
“Partenza presto, mi raccomando alle 7 al bar” è l’imperativo categorico di Daniela, e noi, puntuali, davanti al bar annusando profumo di cornetti. Peccato che il bar non è altrettanto puntuale questa prima mattina, però, a onor del vero, si è rifatto in seguito. Poi su per strade strade fino ad arrivare davanti a una sterrata transitabile solo con i fuoristrada pieni di cibarie di Enzo e di Jacq, santi subito. E noi, come galline, tutti becchettando fiori intorno a Daniela-chioccia, che conosce i nomi. Solo Sergio Nozz, interessato alle cibarie, opta per il sentiero ripido, che deve imbastire il banchetto. In seguito, tornante tornante, tutti ormai satolli di Lilium pomponium e piuttosto affamati, proseguono lesti al rifugio e mi ritrovo con Alessandro-Jeppo a disquisire di piante da vediamo dov’è. Fatto sta che al banchetto non ci si può avvicinare, ma in compenso è arrivata la Marina in bicicletta dal Piemonte per venirmi a trovare. Forse ha apprezzato più il bendiddio che la mia compagnia, piacevolmente sorpresa dall’aspetto conviviale del raduno. Bon, il tempo si annuvola alquanto e Giorgio scalpita per fare un gran giro per il sentiero degli alpini, passo dell’incisa e vattelapesca altri posti, circumnavigando un monte che si affaccia alla Val Roja e passa per la Francia. “Chi viene?” nessuno, che già tuona e si alza il vento minaccioso di pioggia a non finire. “Povero Giorgio” dice Daniela, così più per umana compassione che per vera voglia, decidiamo di accompagnalo, Michael e la sottoscritta. “Ma dovete prima vedere l’Aquilegia reuteri e la Micromeria marginata che stanno laggiù” ci avverte Daniela. Così, assolto il compito istituzionale, salutata la Marina che tornerà in Piemonte sotto fulmini e saette, c’incamminiamo dietro Giorgio che ci porta per erti e franosissimi percorsi tanto selvaggi quanto impressionanti. Non che abbiamo visto tanto, sotto una pioggia sempre più fitta e la nebbia intorno, impegnati a sopravvivere alla tormenta senza mezzi adeguati. Perché mantella e scarponi buoni stanno altrove. Il tutto non ci impedisce di trovare e fotografare le endemiche margheritasenzaraggi (Leucanthemum virgatum) e la Moehringia lebrunii. Ogni tanto mi giro indietro a vedere se Michael ancora c’è o è precipitato dentro la Val Roja ma lui imperterrito ci segue senza battere ciglio, aplomb svizzero. Passiamo per una fonte dove tentiamo di bere e, finalmente, arriviamo alla macchina di Daniela, la sola che ci ha aspettato da quel dì, contenta non già che abbiamo portato a casa la pellaccia ma che abbiamo trovato le rarità botaniche. Urge scendere a Dolceacqua a comprarci scarpe da ginnastica che sia Michael che la sottoscritta abbiamo scarponi fuori uso per la camminata di domani.

25.6.2022 Monte Toraggio.
Il programma prevede una breve camminata dal passo del Muratone al Passo del Corvo, o, per i forti camminatori, la salita al Monte Toraggio, 800 m di dislivello per 14,5 km. Giorgio, Michael, Stevene ed Emilio (il veneto marito di Piera) optano per quest’ultima ma anche Gianleonardo intende provarci. “Ottimo” gli dico “vengo pure io così ho tutto il tempo per fotografare”. Tra l’altro grazie ai giornali di Daniela gli scarponi si sono mezzi asciugati. Non so ne come ne perché, di colpo gli altri spariscono verso il Toraggio e mi ritrovo con Gianleonardo che ogni due per tre dice che non gliela fa. “Che problema c’è?” rispondo “quando ti stufi torniamo indietro che tanto qua ci sono fiori a iosa e devo fotografarli tutti per la lista di Daniela”. Al che prende d’aceto “ma io voglio salire in cima”, “bon allora andiamo”. E così fino alla sella finale dallo strepitoso panorama. Vediamo gli altri scendere così finalmente conosco Stevene che ritenevo fosse un anziano barone botanico, dal tenore dei messaggi su forum, invece è giovane alquanto. “Quanto manca alla cima?” chiediamo a Giorgio “per noi mezz’ora per voi magari un’ora” è la lapidaria risposta. Incurante della ripidissima ascesa, del sole, del caldo, della poca acqua, Gianleonardo procede imperterrito fino ai passaggi in roccia. Scendono 4 ragazzotti tatuati che ci dicono aver messo una corda per salire. Non ci crediamo per niente che l’abbiamo messa loro dimostrando così che l’abito non fa il monaco e che, come tutti, abbiamo preconcetti e pregiudizi. Invece, come appureremo più tardi, effettivamente hanno lasciato questa corda che ci aiuterà soprattutto in discesa. Lasciato Gianleonardo che dice di non fargliela, salgo in cima e, quando mi giro per strillargli di aspettarmi, vedo che sta salendo. “Sono arrivato in vetta ma non so se riuscirò a scendere” è la incoraggiante affermazione. “Va ben, al limite ti faccio sicura con la corda dei ragazzi”. Invece, fatte le foto di vetta, contento assai, riesce a scendere bene e, lenti, quanto basta, arriviamo al sentiero del passo del Corvo dove, per la nostra immensa gioia vedo arrivare il mitico Mauro O. seguito da Sergio Nozz con la macchina. E vai!!!! arrivati al rifugio ci battono e le mani, e lo so perché, pensavano di dover chiamare il CNSAS, e ci rifocillano quanto basta. Come dire, abbiamo portato a casa la pellaccia anche questa volta. Più che altro, una quintalata di foto perché ho avuto tutto il tempo di immortalare ogni specie compreso un campo di maestosi Rhaponticum ancora in boccio. “Gianleonardo, ma questi restano così?” “no, il fiore lo devono fare”. Ma questo lo scoprirò l’indomani.

25.6.2022. Pendici di Monte Frontè.
Mauro O. ci consiglia di cercare fiori in zona umida, accompagnandoci alle pendici di Monte Frontè “una semplice passeggiata in piano”. Dopo un po’ di sterrata in salita, guardando il sentiero che dovremmo percorrere in discesa, sento Jacq brontolare “ma non doveva essere in piano?”. Noi tuttavia, quelli rimasti fino alla fine del raduno, siamo talmente presi a fotografare i fiori sulla rocciosa scistosa scarpata, per la maggior parte interessanti endemismi liguri e poi, immersi nel pantano della zona umida, a immortalare pinguicole e un maestoso ciuffo di Allium narcissiflorum, che non ci importa di dove, come, quando e perché, solo cercare. Questo pure io con Vanda che si dilunga a raccontarmi la storia di un botanico mentre vagolo alla ricerca di Carex strane che qua mi pare che abbondino. Anche stavolta rimango indietro con Carlo ma, finalmente, arrivo al banchetto e posso assaporare le specialità di Daniela, pesci e allium triquetrum e il misto di verdure di Vanda, oltre che mangiare formaggi e salami a non finire che siamo tornati con la sindrome del fegato grasso. Perché, diciamolo, anche la dieta serale non era proprio la minestrina da casa di riposo che ci gioverebbe assai avendo tutti su per giù una certa. Quello che potrebbe mangiare senza tema è proprio Giulio ma stasera, dove c’è un dolce da sturbo, fa i capricci. Ci può pure stare, dopo un tour de force botanico-gastronomico-meteorologico, ci sentiamo tutti sfasati. Ma che dire di 4 giorni senza notizie su guerra, pandemia, siccità ma solo discussioni su Actaplantarum. Ci siamo ricreati. Per non parlare delle Alpi liguri e marittime che sono incredibilmente belle, una vera scoperta. “Però ci sono poche mosche” è la lapidaria risposta di Carlo M. quando gli chiedo che bestiacce abbia fotografato stavolta. Peccato eh…..
Ma già incontrare gli amici vecchi e nuovi di Actaplantarum, ancorchè avessimo trovato niente, vale la pena di un raduno. Grazieeeeeeeeeeeeeeeeee

Al prossimo raduno!!! mg

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