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Gola del Lacerno

Antefatto: Certo che demonizzare i social…. Butto l’occhio e vedo una stretta gola “Lacerno”. Presa da irrefrenabile curiosità scopro che sta sopra Campoli Appennino. “Andiamo?” chiedo a Sergio che, stranamente, acconsente.

L’epica impresa: Eccoci dunque a Campoli Appennino, mai visto né conosciuto, che si distende attorno ad una profonda e larga dolina nella quale vivono gli orsi. Nemmeno questo sapevamo, ignoranti di ogni cosa da queste parti, ormai al di là degli Ernici e nelle propaggini del PNLAM, ma carsiche quanto basta. Arriviamo all’inizio del sentiero laddove, da descrizione, potremmo bagnarci un bel po’ e necessita di almeno un impermeabile. Ma due escursionisti ci assicurano che possiamo tranquillamente farlo con i calzoncini e passare sasso sasso. Bon. Il percorso, fortunatamente ombroso, si snoda molto al di sopra della valle incisa per cui temo che non sia proprio la gola letta in descrizione. “Vedrai che questo è un sentiero da quellidelcai che porta a vattelapesca un duemila del Parco e per la gola tocca buttarsi di sotto” dico a Sergio enpassant, timorosa che il caldo lo prostri e faccia marcia indietro. Invece va avanti, forse incuriosito, senza troppe lagne. Finalmente il sentiero arriva al torrente e l’acqua, da manuale di Badino, produce corrente di trascinamento, quindi fresco. Ma non certo da impermeabile, quando mai? Che al di fuori è in agguato il caldo africano. Risaliamo la gola abbastanza agevolmente senza tuttavia dimostrare soverchio entusiasmo “si bel calcare, begli strati, ma roba da Ernici”. Come se poi non ci fossero grotte di tutto rispetto, negli Ernici. Anche il torrente è su per giù come il Cosa. Se non chè, ad una certa, ecco che ci troviamo tra alte pareti e inizia veramente a farsi interessante sto percorso. Tra l’altro le correnti di trascinamento rinfrescano un bel po’. La gola, sempre più stretta, sembra un Gorropu de noaltri, tra l’altro è molto simile a certe del Trentino dove ci butta Francesco. Passare sasso sasso tra l’altro è abbastanza semplice e non ci si bagna affatto. La cascata “Cuccetto del diavolo” è la fine del percorso. Non ci resta che fotografarla, compreso il raggio di sole effetto “nurre de sa hoda” e bon, si torna. Avrei detto che c’avremmo messo chissà quanto a tornare invece, incuranti dell’effetto di trascinamento, sbuchiamo nell’assolata strada di Campoli Appennino a goderci sto caldo micidiale che secondo me gli orsi della dolina avranno cominciato a scavare l’inghiottitoio per stare al fresco.
Alla prossima! Mg 14.7.2022

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