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Monte Cava

Antefatto: Il meteo è impietoso, prevede pioggia, sicuramente Sergio non vorrà uscire mancomorto, embè? Mi ricordo che Elena e Francesco avevano aderito ad un’escursione CAI sul Monte Cava, subito chiamo Maurizio che mi conferma l’adesione, mettendomi in contatto con Sandro per fare unica macchina. Ottimo.

L’epica impresa: Conosco Sandro a Cocciano e, con la sua macchina, a Zagarolo carichiamo Serenella. Questo è il bello delle gite CAI, conoscere nuovi amici e fare proseliti per la speleologia. Da come descrivo l’attività, pur destando estremo interesse, univoca è la risposta “chesseimatto”. Al solito bar di Borgorose ecco il resto della truppa, 16 persone in tutto, capitanate de Maurizio del CAI di Frascati, loro è l’escursione. “Sono 20 km e mille metri di dislivello, il meteo non da pioggia”. Questo è confermato anche dal logorroico Francesco che, nel tempo di una divinacommedia, mi descrive ogni minuto secondo del meteo abruzzese. Ancorchè i confinanti monti della Duchessa, dove andremo, siano reatini. Scendiamo dalle macchine e, immediatamente, indossiamo le mantelle, perché piove. Maurizio, invece di fare venia e disdire l’escursione che fa? Dice, guardandomi, che qua qualcuno di nuovo porta jella. Ambè io no sicuro che, come Elena, da buone speleologhe, la pioggia la consideriamo semplice stillicidio. Ciò detto c’incamminiamo baldanzosamente per Valle Amara sudando sotto le mantelle. Al rifugio smette di piovere, faccio due foto e ricomincia la pioggia accompagnata da un vento niente affatto piacevole. Però dovremmo fare ancora sti venti kilometri nonché la vetta di Monte Cava, 2000 tondi tondi. Mentre proseguiamo in ordine sparso sento dire che forse arriveremo al Monte San Rocco e poi scenderemo, come vorrebbe ogni persona di buon senso. Ma quando mai quellidelcai, che se non fanno almeno un duemila, come diceva Giorgio “manco i soldi della benzina”. Così, superato Monte San Rocco tutti in fila indiana verso l’erto Monte Cava sotto un vento che mi sposta letteralmente. Mi capacito di essere ultima quando vedo arrivare Maurizio di gran sprona che mi chiede minaccioso “come va?” “bene” rispondo “sono lenta, ma questo è il mio passo, voi salite che vi raggiungo, al limite mi riprendete al ritorno, unica cosa devo mangiare una barretta”. Molto male, solo levarmi la mantella per prendere la barretta significa l’impossibilità di rimetterla bene, con un vento che impedisce ogni movimento coordinato. Morale, mi ritrovo a salire con la mantella che mi impedisce la visuale, le mani ghiacciate con i davoloti che fanno un male della malora, un passo avanti e uno di lato per via del vento. Quando Maurizio propone, bontà sua, che possiamo scendere senza arrivare all’agognata cima, io, Sandro e Serenella aderiamo senza remore. Ma non ci pensiamo minimamente di stare fermi, vorremmo scendere ma da soli non si può, è una gita CAI, soggetti al direttore di gita, non ci resta che tentare di salire mentre Maurizio in due passi sta in cima, avverte che scende con noi e ci raggiunge. A dire il vero dopo un po’ arrivano tutti tranne Elena, Francesco e un’altra escursionista, che restano in cima a fare foto logorroiche come il fotografo. Noi intanto, al rifugio, accendiamo un fuoco provvidenziale e li aspettiamo. Nel frattempo scopro di aver perso gli occhiali e faccio qualche foto ai fiori reatini alla sinsafo (come dice Angelo). La discesa, invece, è piacevole, ci siamo finalmente scaldati un po’ e non ci resta che rinsaldare le nuove amicizie con chiacchiere piacevoli.
Grazie!!
Alla prossima! Mg 8.5.2022

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